DAL TRATTATO DI NIZZA AL TRATTATO CHE ADOTTA UNA COSTITUZIONE PER L'EUROPA - Sud in Europa

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DAL TRATTATO DI NIZZA AL TRATTATO CHE ADOTTA UNA COSTITUZIONE PER L'EUROPA

Archivio > Anno 2005 > Giugno 2005

di Bruno NASCIMBENE (Ordinario di Diritto dell'Unione europea nell'Università degli Studi di Milano    
1. Una valutazione critica del processo che ha condotto alla sottoscrizione del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, al di là di enfatismi o svalutazioni ingiustificate circa i risultati raggiunti (specie alla luce dell’impasse subito dal processo di ratifica e delle conclusioni del Consiglio europeo di Bruxelles del 16-17 giugno 2005), non può che ricondurre la formazione del Trattato al processo dinamico ed evolutivo della “costruzione” di un’Europa integrata. Un processo storico, che passa attraverso diverse tappe, di cui il Trattato è la più recente, ma non necessariamente l’ultima: anche nell’ipotesi in cui non dovesse entrare in vigore, almeno nella forma e contenuto di cui al testo adottato il 29 ottobre 2004, gli Stati trovando il consenso necessario all’entrata in vigore su un nuovo testo, limitato negli impegni oltre che nell’estensione.
È sufficiente ricordare, su tale processo in itinere, che la stessa Costituzione riconosce di voler “proseguire… la grande avventura che fa [dell’Europa] uno spazio privilegiato della speranza umana” e di voler proseguire, in particolare, “l’opera compiuta nel quadro dei trattati che istituiscono le Comunità europee e del Trattato sull’Unione europea, assicurando la continuità dell’acquis comunitario” (preambolo).
L’ampliamento a Romania e Bulgaria, a seguito del Trattato di adesione sottoscritto il 25 aprile 2005, e le prospettive di ampliamento nei confronti di Croazia e Turchia (per le quali, però, i tempi di adesione sembrano, oltre che lunghi, incerti) comporteranno, comunque, adattamenti. Il processo evolutivo è in corso, insomma, malgrado dubbi e difficoltà che, peraltro, hanno accompagnato, da sempre, la “costruzione” dell’edificio comunitario: la Costituzione rappresenta il contesto o il quadro generale in cui tale processo si compie.

2. Il processo di revisione inizia con l’Atto unico europeo del 1986 (in vigore dal 1987), continua con il Trattato di Maastricht sull’Unione europea del 1992 (in vigore dal 1993), con quello di Amsterdam del 1997 (in vigore dal 1999), con quello di Nizza del 2001 (in vigore dal 2003).
Il tema dell’ampliamento, che ha accompagnato il processo di revisione, segna il momento culminante con la firma, il 16 aprile 2003, del Trattato di Atene (in vigore dal 1 maggio 2004).
I limitati risultati conseguiti dall’ultima revisione attuata con il Trattato di Nizza faceva comunque prendere atto, in una “Dichiarazione” della Conferenza, allegata all’Atto finale del Trattato (Dichiarazione n. 23), che se da un lato era aperta la via all’allargamento, dall’altro lato si sarebbe dovuto aprire “un dibattito più approfondito e più ampio sul futuro dell’Unione”, coinvolgendo i parlamenti nazionali, la società civile, gli ambienti politici, economici, accademici, ma anche associando i Paesi candidati all’adesione.
La Dichiarazione rinvia ad altra Dichiarazione che sarebbe stata adottata dal Consiglio europeo di Laeken nel dicembre 2001, in cui sarebbero state indicate le iniziative appropriate e fissate le tappe che avrebbero dovuto condurre a una nuova Conferenza intergovernativa nel 2004 (invero anticipata all’ottobre 2003), con un invito a partecipare ai lavori esteso ai Paesi candidati, al fine di introdurre le modifiche ai Trattati, poi elaborate dalla “Convenzione europea” e dalla Conferenza intergovernativa che è seguita.
La Dichiarazione n. 23 precisa, fra gli altri, quattro temi di riflessione per i lavori da intraprendere, riconoscendo, quale profilo generale ovvero linea-guida di riforma, la “necessità di migliorare e garantire costantemente la legittimità democratica e la trasparenza dell’Unione e delle sue istituzioni, per avvicinarle ai cittadini degli Stati membri”.
Una necessità, questa, costantemente richiamata nella Dichiarazione di Laeken e nei lavori della Costituzione, e ben presente nella Costituzione stessa (si ricordano oltre al preambolo, l’art. I-2 sui valori dell’Unione e il titolo VI, articoli 45-52, della parte I, sulla vita democratica dell’Unione).
I temi di riflessione (quattro, per la precisione), anch’essi ampiamente presenti nella Dichiarazione di Laeken, nei lavori della Costituzione e nella Costituzione stessa, riguardano la delimitazione delle competenze fra Unione e Stati, nel rispetto del principio di sussidiarietà (si vedano gli articoli I-11 a 18 della Cost.); lo status della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione e il protocollo n. 2 sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità (si veda l’art. I-9 e la parte II della Cost.); la semplificazione dei trattati, al fine di renderli più chiari e meglio comprensibili; il ruolo dei parlamenti nazionali nell’architettura europea (si veda il protocollo n. 1 sul ruolo dei parlamenti nazionali nell’Unione europea).

3. La Dichiarazione di Laeken sul futuro dell’Unione europea rappresenta l’allegato I alle conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo del 14-15 dicembre 2001.
Essa segna, in sostanza, il passaggio dal Trattato di Nizza al Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, poiché contiene il mandato, conferito alla Convenzione che ha redatto il progetto di Trattato, incidendo in modo determinante sul testo definitivo della Costituzione.
La Conferenza intergovernativa che avrebbe dovuto procedere alla revisione veniva anticipata, ma anche facilitata, dal negoziato affidato a un organismo di carattere assembleare, denominato “Convenzione”, in cui si volevano rappresentate varie componenti: Stati membri, Stati candidati all’adesione, parlamenti nazionali degli uni e degli altri, istituzioni quali il Parlamento europeo e la Commissione, nonché alcuni organismi comunitari (Comitato economico e sociale, Comitato delle regioni, Mediatore europeo) e le parti sociali, nella qualità di osservatori.
Il metodo, partecipativo o democratico, già utilizzato nella redazione della Carta dei diritti fondamentali proclamata a Nizza da Parlamento, Consiglio e Commissione il 7 dicembre 2000, innova su quello tradizionale dei comitati intergovernativi: “il Consiglio europeo ha deciso di convocare una convenzione”, afferma la Dichiarazione, per “assicurare una preparazione il più possibile ampia e trasparente” della conferenza intergovernativa.

4. Sul presupposto che l’Europa sia “ad un crocevia”; che l’Europa si trovi davanti a “una sfida democratica” che vuole sempre più “avvicinato” il cittadino alle istituzioni; che le aspettative del cittadino per un’Europa democratica e impegnata su scala mondiale in un mondo globalizzato non possano essere disattese, la Dichiarazione enuncia in quattro punti, formulando oltre cinquanta domande, il “mandato” della Convenzione per la revisione dei Trattati esistenti.
a) Il primo punto riguarda la “ripartizione e definizione delle competenze”, al fine di meglio delimitare le competenze dell’Unione: il titolo III della parte prima della Costituzione è, appunto, dedicato alle competenze, che si distinguono (così seguendo le indicazioni della Dichiarazione) in competenze esclusive (cinque settori, art. I-13), concorrenti (undici settori, art. I-14), di sostegno, coordinamento, completamento (sette settori, art. I-17).
Il timore, che la Dichiarazione esprimeva nei seguenti termini: “come assicurare che un riassetto della ripartizione delle competenze non si traduca in un ampliamento strisciante delle competenze dell’Unione”, ha un riscontro, certamente a favore dell’Unione, nelle dettagliate disposizioni della Costituzione, nonché nel Protocollo n. 2 sui principi di sussidiarietà e proporzionalità.
b) Il secondo punto riguarda la “semplificazione degli strumenti dell’Unione”, la necessità di una distinzione fra atti legislativi ed atti esecutivi: la Costituzione disciplina l’esercizio delle competenze dell’Unione, distinguendo, appunto, gli atti legislativi (art. I-34, leggi e leggi quadro) da quelli non legislativi (art. I-35, regolamenti e decisioni europee, raccomandazioni), questi ultimi potendo es-sere sia regolamenti delegati (art. I-36, conferenti, cioè, la delega al-la Commissione per completare o modificare elementi non essenziali della legge o della legge quadro), sia regolamenti d’esecuzione e decisioni di esecuzione (art. I-37), di competenza della Commissione (salvo casi particolari, in cui la competenza è del Consiglio).
c) Il terzo punto riguarda la democrazia, la trasparenza ed efficienza nell’Unione europea: il titolo IV sulle istituzioni e il titolo VI sulla vita democratica dell’Unione, nonché il protocollo n. 1 sul ruo-lo dei Parlamenti nazionali si occupano, sotto più profili, del processo legislativo, dei rapporti fra le istituzioni, nonchè fra queste e i parlamenti nazionali, rafforzando il ruolo del Presidente del Con-siglio europeo e del Parlamento europeo in un processo decisionale che vede assottigliarsi (ma non certo soppresse) le ipotesi di voto non in codecisione (definite “procedura di legislazione ordinaria” dall’art. III-396) e non all’unanimità (la politica estera e di sicurezza comune e quella di difesa, art. I-40 e art. I-41 restano all’unanimità).
d) Il quarto punto affronta il tema della redazione di una “Costituzione”: un unico trattato, che semplifichi e riunisca i trattati esistenti in un “testo costituzionale” o “legge fondamentale” che contenga i diritti e doveri fondamentali.
La soluzione adottata è, come è noto, la “fusione” del Trattato CE e di quello UE, l’inserimento della Carta, divenuta la parte seconda, con la previsione di diritti e di doveri del cittadino.

5. Alla domanda se i termini del mandato conferito alla Convenzione siano stati rispettati, la risposta è, in linea di massima, positiva. Sono mancate, tuttavia, la semplificazione e schematicità nella redazione di un testo “appesantito”, invero, da una parte terza che rappresenta l’acquis del diritto UE e del diritto CE, nonché da protocolli e dichiarazioni che, nel loro complesso, rendono non facile, anche al giurista, una lettura ed esame coordinati.
Se è vero, come affermano le conclusioni del Consiglio europeo di Bruxelles, all’indomani dei referendum francese e olandese, che l’“ambizione europea” di proseguire nel processo di “costruzione di un’Europa più unita e più solidale” è ancora viva, malgrado “le preoccupazioni e inquietudini” dei cittadini “di cui occorre tener conto”, è anche vero che la “riflessione comune” che oggi si impone sulla ratifica del Trattato dovrebbe riguardare la scarsa conoscenza e la difficile conoscibilità, ovvero comprensione, da parte dei cittadini, del testo in questione. Dovrebbe essere questa, insomma, prima di ogni altra, la preoccupazione di Stati e istituzioni, al fine di coinvolgere in modo efficace i cittadini. Senza conoscere e comprendere, non può certo esservi coinvolgimento, né utile riflessione: anche, e forse a maggior ragione, nell’ipotesi in cui al testo di Trattato adottato (di incerto destino…) se ne voglia sostituire un altro, come si è detto, di diverso, più limitato contenuto, che raccolga il necessario consenso.                                                                                                                     
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