LA VALORIZZAZIONE DELLE AUTONOMIE LOCALI E REGIONALI DA PARTE DEL CONSIGLIO D'EUROPA - Sud in Europa

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LA VALORIZZAZIONE DELLE AUTONOMIE LOCALI E REGIONALI DA PARTE DEL CONSIGLIO D'EUROPA

Archivio > Anno 2005 > Giugno 2005

di Giovanni DI STASI (Presidente del Congresso dei poteri locali e regionali del Consiglio d'Europa)
Il tema che mi è stato assegnato meriterebbe di essere svolto in modo sistematico ed analitico, ma il tempo a disposizione non lo consente. Per questo mi limiterò a sottolineare le tappe fondamentali di un processo che, avviato in paesi con più consolidate tradizioni federaliste o regionalistiche, si è sviluppato all’interno del Consiglio d’Europa e dell’Unione Europea.
Com’è noto il Consiglio d’Europa è stata la prima Istituzione europea a raccogliere la domanda di protagonismo dei comuni e delle Regioni in ambito europeo. La Commissione di Madrid del 1980 ha consentito agli enti territoriali di superare i confini nazionali e di attivare progetti di cooperazione transfrontaliera.
A venticinque anni di distanza questa Convenzione mostra tutta la sua attualità e la sua applicazione è sempre più frequente all’interno dello spazio europeo.
Il più importante strumento giuridico varato dal Consiglio d’Europa in materia di autogoverno territoriale è, però, la Convenzione Europea dell’autonomia locale del 1985.
Con tale Convenzione è stato recepito, per la prima volta in uno strumento giuridico, il principio di sussidiarietà, e sono state codificate le regole basilari per la vita delle autonomie territoriali. La creazione, avvenuta nel 1994, del Congresso dei Poteri Locali e Regionali, ha cambiato la struttura stessa del Consiglio d’Europa ed il suo funzionamento. I pilastri del Consiglio d’Europa sono diventati tre: il Comitato dei Ministri, l’Assemblea Parlamentare ed il Congresso, formato dalla Camera delle Regioni e dalla Camera delle Autonomie Locali.
Al Congresso sono state affidate competenze sempre più robuste, da esercitare in connessione con quelle del Comitato dei Ministri e dell’Assemblea Parlamentare.
Le competenze di tutti gli organi del Consiglio d’Europa vanno sempre riferite alla sua missione fondamentale: la tutela dei diritti dell’uomo, il rafforzamento della democrazia, della cultura, della pace e della tolleranza, della coesione economico-sociale, la difesa della identità culturale europea e delle molteplici specificità che la compongono.
Queste finalità, perseguite nell’ambito delle proprie competenze, anche dalla Corte dei diritti dell’Uomo, dalla Commissione di Venezia, dal Commissariato dei Diritti umani, costituiscono la cornice entro la quale il Congresso svolge le sue molteplici attività.
Io voglio qui richiamarne soltanto tre: la prima riguarda il sostegno alla riforma che i 46 paesi membri del Consiglio d’Europa portano avanti per decentrare i poteri pubblici e rendere più forte ed efficace il loro sistema democratico. La seconda concerne il monitoraggio sistematico dello stato della democrazia territoriale nei singoli paesi, la terza si riferisce alla promozione della cooperazione territoriale.
L’elenco delle iniziative intraprese per sostenere le riforme finalizzate al decentramento e per monitorarne il risultato sarebbe lungo. Mi limito a ricordare che esse vengono sviluppate per far rispettare le previsioni della Convenzione dell’Autonomia locale, che è stata fin qui ratificata da 41 paesi su 46. In quasi tutti i paesi che hanno ratificato la Convenzione del 1985, il Congresso ha completato o attivato almeno un monitoraggio, mentre in tutti i Paesi dell’Est e del Sud-est europeo il sostegno alle riforme è stato e resta massiccio.
Sul fronte della cooperazione territoriale, promossa in base alla Convenzione di Madrid, vorrei sottolineare la recente iniziativa, da me proposta al Congresso, che punta alla creazione di tre euroregioni per i paesi dell’Adriatico, del Mar Nero e del Baltico. Si tratta di tre maxi euroregioni da mettere in rete tra di loro e che consentiranno agli enti territoriali di essere protagonisti di primo piano nel processo di rafforzamento della coesione socio-economica e della costruzione europea.
Ovviamente al Congresso tocca anche il compito di elaborare bozze di strumenti giuridici e di sottoporli all’esame ed alla approvazione del Comitato dei Ministri. Tra i risultati positivi di tale azione c’è sicuramente la Convenzione del Paesaggio approvata a Firenze nel 2000, mentre stiamo ancora e faticosamente lavorando per ottenere l’approvazione della Convenzione dell’Autonomia Regionale da affiancare a quella dell’Autonomia Locale. Quanto al ruolo dell’Unione Europea in questo processo, bisogna ricordare che essa, oltre a recepire il principio di sussidiarietà, ha preso importanti iniziative: ha creato il Comitato delle regioni, ha deciso di affidare alle regioni un ruolo centrale nella programmazione e nella spesa dei fondi strutturali finalizzati al rafforzamento della coesione economica e sociale, ha riconosciuto, nel Trattato Costituzionale, un ruolo significativo alle Regioni ed al Comitato delle Regioni.
L’importanza delle decisioni dell’U.E. per il rafforzamento delle autonomie territoriali non può essere sottovalutata e gli ultimi orientamenti in materia di coesione, per il 2007-2013, confermano il ruolo centrale delle Regioni nelle politiche di riequilibrio economico, di competitività e di cooperazione territoriale e transfrontaliera. Il Comitato delle Regioni dell’UE ed il Congresso del Consiglio d’Europa hanno da tempo avvertito la necessità di unire le proprie forze e di rendere più efficace la loro attività. Per questo è stato istituito un Gruppo Permanente di Contatto, che ho l’onore di presiedere, e che mi ha consentito di proporre un protocollo di cooperazione tra Comitato delle Regioni e Congresso. Tale protocollo è stato firmato a Bruxelles il 13 aprile scorso e nella relazione tenuta a Varsavia, nel corso del III summit dei capi di Stato e di governo previsto per il 16 e 17 c.m., ho proposto come modello da seguire nella cooperazione necessaria tra il Consiglio d’Europa e l’Unione Europea.
Sono convinto, infatti, che il Consiglio d’Europa e l’Unione Europea non possono continuare a riflettere separatamente sul proprio futuro. Ai cittadini interessa sapere quale sarà il futuro dell’Europa e capire quale ulteriore contributo, ciascuna delle due istituzioni europee, può dare alla costruzione di un’Europa più forte e più ampia.
Per parte mia sono convinto che nell’Europa che verrà, non potrà e non dovrà mancare la dimensione di umanità, di tolleranza, di solidarietà e di pace sancita negli strumenti giuridici del Consiglio d’Europa.
Resto anche convinto che questi valori siano sentiti più dai cittadini che dai capi di governo, che a volte sembrano farsi prendere dagli egoismi nazionali più che dagli ideali europei.
Un più forte ruolo del Congresso e del Comitato delle Regioni, un maggiore protagonismo delle autonomie territoriali e delle loro associazioni nazionali ed europee, ci consentiranno di disegnare un’Europa più coesa e più vicina alle aspirazioni dei cittadini di questo nostro continente.
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