LA COMMISSIONE SI PRONUNCIA SUL CASO MICROSOFT. TEMPI DURI PER BILL GATES? - Sud in Europa

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LA COMMISSIONE SI PRONUNCIA SUL CASO MICROSOFT. TEMPI DURI PER BILL GATES?

Archivio > Anno 2004 > Maggio 2004
di Valeria DI COMITE    


Il 24 marzo scorso la Commissione ha concluso il procedimento antitrust nei confronti della Microsoft infliggendo al colosso di Redmond la multa più alta nella storia dell’antitrust. La Commissione ha ritenuto che la Microsoft violasse le regole comunitarie sulla concorrenza, precisamente l’art. 82 del Trattato CE, abusando della sua posizione dominante, definita di quasi monopolio, per due differenti motivi. Da una parte l’abuso derivava dal fatto di includere nel sistema Windows il software multimediale Windows Media Player (WMP), dall’altra si contestava la mancanza di interoperabilità tra Windows e i sistemi operativi per i server per gruppi di lavoro.
La decisione della Commissione europea non si è limitata a stabilire una multa di 497,2 milioni di euro, pari al 1,62% del giro d’affari mondiale della Microsoft, ma ha anche previsto delle misure correttive che rendono la decisione ancora più aspra. Per venire meno alla condotta anticoncorrenziale Microsoft, entro 90 giorni dalla notifica della decisione, dovrà distribuire una versione di Windows da cui sia scorporato il Windows Media Player ed, entro 120 giorni, dovrà fornire ai concorrenti i codici necessari a consentire l’interoperabilità di altri sistemi operativi per server per gruppi di lavoro con il sistema operativo di Windows.
Le ragioni che hanno indotto la Commissione dopo ben 5 anni di indagini ad adottare una decisione negativa nei confronti della Microsoft sono state illustrate dal Commissario europeo responsabile della concorrenza, Mario Monti il quale ha sottolineato che “le imprese in posizione dominante hanno la responsabilità particolare di garantire che il modo in cui operano non impedisca la concorrenza in base al merito intrinseco dei prodotti e non vada a scapito dei consumatori e dell’innovazione. La decisione odierna ripristina le condizioni per un’equa concorrenza sui mercati interessati e fissa principi chiari per il comportamento futuro di un’impresa che detiene sul mercato una posizione dominante di questa portata”.
Le indagini erano state avviate in base alla denuncia presentata nel dicembre 1998 dalla Sun Microsystems, un’impresa statunitense concorrente, alla quale la Microsoft aveva rifiutato di fornire le informazioni necessarie per sviluppare dei prodotti in grado di “dialogare” con il sistema Windows, quindi di competere sul mercato dei sistemi operativi per server di fascia bassa. Rifiuto che era stato reiterato anche nei confronti di altre imprese. Il diniego di informazioni, invero, faceva parte di una strategia del colosso dell’informatica diretta ad escludere i concorrenti dal mercato dei server per gruppi di lavoro. Dalle indagini della Commissione era emerso, infatti, che la maggioranza dei clienti era stata indotta ad orientare la propria scelta a favore dei server della Microsoft perché, a causa della mancata comunicazione dei codici delle interfacce, solo i prodotti Microsoft erano in grado di garantire un’interazione tra i sistemi ottimale in termini di affidabilità, sicurezza e velocità. Microsoft, quindi, abusava della sua posizione dominante sul mercato di Windows per ottenere artificialmente un vantaggio concorrenziale nel diverso mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro, infringendo in tal modo le norme europee sulla concorrenza. Per questo motivo, in relazione a tale aspetto, la Commissione ha deciso che Microsoft deve rendere pubbliche informazioni complete ed accurate sulle interfacce che consentono ai server per gruppi di lavoro di ottenere una piena interoperabilità con i PC e i server che operano in Windows. Allo stesso tempo, per non ledere i diritti di proprietà intellettuale di Microsoft, la decisione stabilisce che il colosso informatico avrà diritto al pagamento delle corrispondenti royalties in una misura ragionevole da parte delle imprese che otterranno le informazioni necessarie alla realizzazione dei loro server. Inoltre, la decisione chiarisce che l’obbligo di informazione concerne esclusivamente la documentazione relativa alle interfacce e non al codice sorgente di Windows, che non è necessario per lo sviluppo di prodotti interoperativi.
In relazione alla pratica di vendite abbinate (cd. tying) derivante dall’incorporazione di Windows Media Player nel sistema operativo Windows 2000, la Commissione aveva iniziato le indagini di propria iniziativa nel 2000. Infatti, la pratica delle vendite abbinate di prodotti diversi da quello per cui si detiene una posizione dominante nel mercato, ai sensi dell’art. 82 del Trattato CE, è una chiara ipotesi di sfruttamento abusivo. Tale pratica, tuttavia, costituiva e continua a costituire un’importante strategia del colosso informatico americano.
È opportuno ricordare che la pratica di incorporare prodotti diversi da Windows era già stata realizzata in relazione al Browser Internet Explorer, obbligando i produttori di PC a installare il Browser Explorer sui PC dotati di Windows 95 e vietando loro di inserire software della concorrenza, in caso contrario Microsoft avrebbe ritirato le relative licenze. Detta pratica ha fortemente danneggiato Netscape (sua principale concorrente nel mercato dei navigatori internet) e, negli Stati Uniti, è stata oggetto di un tortuoso contenzioso per violazione delle regole antitrust. Come è noto, il processo americano si è concluso con un accordo tra Microsoft e il Dipartimento di Giustizia (sotto l’amministrazione Bush) approvato dalla Corte Federale di Washington in sede di appello, il 1º novembre 2002. Chiaramente, è rimasta lettera morta la sentenza di primo grado che stabiliva la divisione di Microsoft in due società, una per il sistema operativo Windows e l’altra per gli altri prodotti compreso il Browser Explorer (sentenza pronunciata dal giudice distrettuale Jackson, il 7 giugno 2000). L’accordo del 2002 non aveva soddisfatto tutti gli interessati. Mentre nello Stato del Massachusetts, unico Stato che non ha aderito all’accordo, continuano le indagini di concorrenza sleale nei confronti di Microsoft; in California, nel gennaio del 2003 un gruppo di consumatori che aveva citato il colosso americano in giudizio perché il suo monopolio li costringeva a comprare i prodotti a prezzi eccessivi, ha ottenuto una definizione stragiudiziale della causa, per cui la rinuncia alle azioni legali è stata “ricompensata” con il pagamento di 1 miliardo e 100 milioni di dollari di indennizzo (in forma di buoni per prodotti informatici di qualsiasi marca). Sono, inoltre, ancora pendenti numerosi giudizi civili per il risarcimento del danno promossi dai consumatori.
Anche in relazione all’indagine antitrust europea, la pratica abusiva contestata concerne l’incorporazione di un prodotto diverso nel sistema operativo Windows, segnatamente Media Player il programma per riprodurre file audio e video. La Commissione ha ritenuto che la vendita abbinata di Windows Media Player con il sistema operativo Windows 2000 “riduceva artificialmente gli incentivi per le imprese operanti nel settore della musica, dei film e degli altri media, nonché per gli sviluppatori di software e per i fornitori di contenuti, a sviluppare le proprie offerte per adattarle ai media player concorrenti”, inoltre, la Commissione ha precisato che la vendita abbinata “determina una preclusione del mercato ai concorrenti, riducendo in ultima analisi la scelta dei consumatori, in quanto i prodotti concorrenti subiscono uno svantaggio che non è dovuto né ai loro prezzi, né alla loro qualità” (cfr. Documento della Commissione IP/04/382, Bruxelles, 24 marzo 2004).
Per questi motivi la Commissione europea ha deciso di sanzionare Microsoft, indicando come rimedio la realizzazione di una versione del sistema operativo Windows priva del WMP, la cui distribuzione sia possibile sia per i produttori di PC sia per gli utenti finali.
È plausibile ritenere che le misure correttive imposte dalla decisione della Commissione europea preoccupino il gigante dell’informatica ancor di più della ingente multa, poiché influiscono in maniera decisiva sulle strategie dell’impresa. Infatti, sembrerebbe, che la strategia dell’incorporazione sia utilizzata da Microsoft per monopolizzare un intero settore. In questo caso, non si tratta della semplice alterazione di concorrenza con gli altri produttori di questo settore, ma di un disegno più ampio, entrare e conquistare il mercato dell’intrattenimento digitale. Infatti, il gigante di Redmond controlla il mercato dei PC, ma non quello degli standard per la musica e il video. Windows Media è un sistema multimediale che soddisfa tutte le differenti esigenze, come la produzione di contenuti, il broadcasting, la trasmissione via web, la riproduzione per gli utenti finali. L’obiettivo di Microsoft sarebbe far diventare Windows Media quello che è stato il sistema Windows per i PC. La strategia “chiavi in mano” operata da Microsoft, infatti, permette un ampia diffusione dei suoi prodotti e, di conseguenza, le permette di conquistare abusivamente anche mercati diversi da quelli in cui detiene la posizione dominante.
La dichiarazione di Monti che la decisione “fissa principi chiari per il comportamento futuro” di Microsoft, il cui quasi monopolio nel mercato dei PC è indiscusso, potrebbe essere letta in questa prospettiva. La strategia dell’incorporazione dovrebbe essere rivista anche per il futuro, quindi Microsoft dovrebbe valutare bene se adottare la stessa pratica anche in relazione al lancio di prodotti nuovi o di cui è già stata preannunciata la realizzazione. In particolare, ci riferiamo al software “Movie Maker”, per montare film girati con le videocamere; al programma per la realizzazione di documenti digitali (documenti in formato pdf) che ha già minacciato la leadership di Adobe; e soprattutto al progetto di incorporare nella prossima edizione di Windows (nome in codice Longhorn) un motore di ricerca che farà concorrenza a Google.
La decisione della Commissione europea ha suscitato differenti reazioni, non sono infatti mancate critiche specialmente dagli Stati Uniti d’America. Se da un lato non si può contestare la sua legittimità in base alla teoria degli effetti (circa il 30% del fatturato di Microsoft deriva dalla sua attività nel vecchio continente) che implica l’applicazione extraterritoriale delle norme comunitarie antitrust, dall’altro si teme un inasprimento nelle già difficili relazioni commerciali transatlantiche. Tuttavia riteniamo che l’applicazione delle regole comunitari sulla concorrenza vada sempre assicurata, perché i veri beneficiari di tali norme sono i consumatori.
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