I RAPPORTI UNIONE EUROPEA-AMERICA LATINA TRA DESIDERI E REALTÀ: IL IV VERTICE UE-AL-CARAIBI - Sud in Europa

Vai ai contenuti

I RAPPORTI UNIONE EUROPEA-AMERICA LATINA TRA DESIDERI E REALTÀ: IL IV VERTICE UE-AL-CARAIBI

Archivio > Anno 2006 > Settembre 2006
di Raffaele CAMPANELLA (Ambasciatore)    
Rafforzare l’associazione strategica fra le due aree era l’ambizioso obiettivo che si era posto il IV Vertice Unione Europea – America Latina-Caraibi che ha riunito a Vienna, sotto la presidenza austriaca, oltre 50 Capi di Stato e di Governo dei due continenti.L’obiettivo era in linea con quelli fissati nei tre Vertici precedenti (Rio de Janeiro 1999, Madrid 2002, Guadalajara 2004) che avevano tutti sottolineato appunto il carattere “strategico” – e quindi non effimero o contingente – del rapporto fra queste due zone del mondo legate da intensi e molteplici rapporti suscettibili di notevoli sviluppi. Oltre all’obiettivo politico generale di consolidare i processi democratici ed il rispetto dei diritti umani nonché di riaffermare sul piano internazionale il principio del multilateralismo, a Guadalajara erano state in particolare indicate le seguenti mete prioritarie: a) l’impegno nella lotta contro la povertà, l’ignoranza e le malattie mediante profonde riforme interne anche di carattere sociale;b) una accresciuta cooperazione fra le due aree volta a favorire gli scambi commerciali, la collaborazione economica industriale e finanziaria nonché l’accelerazione dei processi di integrazione subregionale;c) una più stretta collaborazione fra UE e Mercosud, Comunità Andina e Mercato centroamericano ossia con le tre subregioni con cui erano stati avviati importanti negoziati;d) l’utilizzazione di tutti i fori e di tutti gli strumenti finanziari disponibili sul piano bilaterale e multilaterale (BANCA MONDIALE, BEI, BID, CAF, FMI, OMC ecc.) per favorire il commercio, gli investimenti ed il finanziamento di grandi progetti nonché per risolvere il grave problema del debito estero e delle crisi finanziarie;e) l’aumento della cooperazione nei settori dell’educazione, della cultura, della scienza e della tecnologia con particolare riguardo all’informatica e alle comunicazioni.In questi due anni si trattava quindi di concentrarsi su tre obiettivi essenziali: ridurre le disuguaglianze; intensificare i rapporti commerciali, industriali, economici e finanziari; accelerare i processi di integrazione subregionale.Senonché - come è emerso a Vienna - non sono molti purtroppo i progressi che sono stati fatti in questi tre vitali settori. L’America Latina continua ad essere una delle regioni più sperequate del mondo e, secondo alcuni, è addirittura l’area che presenta maggiori disuguaglianze in termini di distribuzione della ricchezza. Tale situazione, oltre ad essere pericolosa politicamente e grave socialmente, è anche un freno dal punto di vista economico per un processo sostenuto di sviluppo del subcontinente.Le relazioni commerciali e quelle di collaborazione economica, industriale e finanziaria fra UE-America Latina sono ancora lontane dall’esprimere tutte le loro potenzialità e molto resta ancora da fare da una parte e dall’altra per colmare questo divario.I processi di integrazione subregionale più significativi (Mercosur e Comunità Andina di Nazioni) stanno attraversando una fase di pericolosa crisi che, se dovesse perdurare o peggio ancora aggravarsi nel tempo, indebolirebbe ulteriormente sia le possibilità di sviluppo complessivo delle due aree, sia la capacità negoziale esterna di quei Paesi.La crisi di questi due processi subregionali è emersa, nella sua drammatica evidenza, nel Vertice di Vienna che è stato dominato, più che dalla ricerca degli strumenti più idonei per un rilancio della cooperazione complessiva fra le due aree, dalle preoccupazioni europee per la politica energetica fortemente nazionalista propugnata da Chávez e da Morales nonché dai conflitti tra diversi Paesi latinoamericani e dalle contrapposizioni fra i loro leader.Così i presidenti dell’Argentina e dell’Uruguay, pur membri del Mercosur, si sono posti l’un contro l’altro per una forte disputa per la costruzione di una cartiera sul Rio Uruguay, impedendo la realizzazione del previsto Minivertice UE-Mercosur. Il venezuelano Chávez, che poche settimane prima aveva annunciato la sua uscita dalla Comunità Andina di Nazioni, si è contrapposto al collega peruviano ed ad altri capi di Stato; il brasiliano Lula ed il boliviano Morales si sono affrontati sul tema della nazionalizzazione del gas boliviano che colpisce forti interessi e investimenti brasiliani in Bolivia. A queste tensioni più recenti hanno fatto da sfondo conflitti storici irrisolti tra Cile e Bolivia per lo sbocco al mare, fra Cile e Perù per rivendicazioni territoriali e fra Venezuela e Colombia per la questione della guerriglia colombiana.In queste condizioni era inevitabile che i negoziati fra l’Unione Europea e il Mercosur e fra l’Unione Europea e la Comunità Andina di Nazioni subissero una battuta d’arresto, creando quindi una situazione di stallo da cui non sarà facile uscire nel prossimo futuro.Sul versante UE-Mercosur la Dichiarazione Finale si limita ad un elogio formale dei progressi fatti nei negoziati volti alla conclusione d’un Accordo di Associazione Interregionale e dà mandato ai negoziatori affinché intensifichino gli sforzi per avanzare in tale processo. La Dichiarazione attribuisce “la massima importanza” all’obiettivo di raggiungere un accordo “equilibrato e ambizioso”, nella consapevolezza che esso rafforzerà i rapporti fra le due aree nei diversi settori. In realtà questa formula diplomatica cerca di nascondere, da un lato lo scarso livello di coesione esistente tra i quattro soci del Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay) e dall’altro l’incertezza che regna tuttora sugli esiti dei negoziati del Doha Round, da cui in ultima istanza dipende qualsiasi accordo fra UE e Mercosur. Analogo livello di incertezza pesa sul negoziato UE-Comunità Andina di Nazioni, soprattutto dopo la clamorosa uscita del Venezuela che fra l’altro aspira, in prospettiva, ad una partecipazione piena al Mercosur. I quattro Paesi tuttora membri della Comunità (Colombia, Perù, Ecuador e Bolivia) hanno insistito per mantenere aperto il negoziato con l’Unione, sperando di far ritornare Chávez sui suoi passi o comunque di coinvolgere in un modo o nell’altro il Venezuela nel negoziato. Anche in questo caso la Dichiarazione Finale cerca di coprire la grave impasse attuale con una formula diplomatica che invita le parti “a intensificare le conversazioni per raggiungere entro il 20 luglio 2006 un’intesa che permetta di chiarire e definire le basi del negoziato che consentano una partecipazione piena e vantaggiosa di tutte le parti”. L’obiettivo rimane la conclusione di un Accordo di Associazione che comprenda un accordo commerciale, il dialogo politico e programmi di cooperazione. Ma, oltre all’incognita del Venezuela, pesa su questo negoziato anche la politica di nazionalizzazione del gas attuata dalla Bolivia di Morales.Stando così le cose, è ovvio che si sarebbe fatta sentire forte la delusione di quanti, soprattutto in Sud America, speravano che Vienna potesse essere l’occasione per un rilancio, a livello politico, della collaborazione complessiva fra l’Unione Europea e l’America Latina. Se ne è fatta eco la stampa sudamericana, che non solo ha visto con rincrescimento svanire un’ottima occasione per l’inizio di una fase nuova nei rapporti con l’Europa, ma ha anche messo in evidenza il pericoloso avvio di una crisi in Sud America nei processi di integrazione subregionale. Così, di volta in volta, i principali commentatori hanno parlato di “ambiguità e frustrazione” (Colombia), di “oceano di differenze fra le due regioni” (Brasile), di “crisi del Mercosur che ha fatto fallire il Vertice di Vienna” (Uruguay), di “tendenza latinoamericana ad una pericolosa disintegrazione” (Argentina), di “America Latina che si dibatte fra frammentazione e polarizzazione” (Cile) e di “Vertice di Vienna che ha messo a nudo la frattura fra i Paesi latinoamericani” (Paraguay).A rendere più complicato il panorama c’è poi il fatto che, al di là dei proclami di Paesi che sembrano ideologicamente affini, non si riesce a raggiungere fra questi stessi Paesi intese serie e durature sul terreno degli interessi concreti.Vediamo qualche esempio. Brasile e Argentina – che dovrebbero essere il vero asse portante del Mercosur – non arrivano, ancora dopo vari anni, a tradurre in accordi stringenti e di lungo respiro la loro teorica volontà di integrazione: e senza un asse Buenos Aires-Brasilia non potrà mai esserci un solido Mercosur, come dimostra l’esempio dell’asse franco-tedesco in Europa. Il Venezuela di Chávez - che vuol porsi come leader di una nuova alleanza antiamericana “L’Alternativa Bolivariana delle Americhe” (ALBA) - non solo non riesce a fare altri proseliti al di là della Cuba di Castro e della Bolivia di Morales, ma lancia progetti faraonici come l’enorme gasdotto transcontinentale, che contrasta in concreto con gli interessi del Brasile e dell’Argentina e perfino con quelli della stessa Bolivia, grande produttore di gas. La Bolivia di Morales, che nazionalizza il gas, colpisce non solo gli investimenti spagnoli, rendendo molto cauti gli investitori europei, ma tocca anche i forti interessi del Brasile che opera in territorio boliviano: e ciò senza contare che il gas boliviano rappresenta una posta in gioco importante nei rapporti fra La Paz, Buenos Aires e Santiago.In questo quadro non certo incoraggiante, l’unica nota positiva è stata la tenuta del processo di integrazione dei Paesi dell’America Centrale. Ciò ha consentito all’UE di riaffermare a Vienna la volontà di “avviare i negoziati volti al raggiungimento di un accordo di associazione ivi compresa la creazione di un’area di libero scambio”. Non è molto, ma non è neppure del tutto trascurabile se si tiene conto sia delle potenzialità che presenta questa zona dell’America Latina nel suo insieme sia dell’interesse che verso di essa manifestano gli Stati Uniti, che con i Paesi dell’America Centrale hanno già firmato un importante accordo di libero scambio (CAFTA).Gli Stati Uniti, in effetti, non hanno rinunciato alla loro strategia di continuare a mantenere in tutti i modi la propria forte emprise economica e commerciale, oltre che politica, sull’intero continente. Non avendo potuto ottenere al Vertice interamericano di Mar de Plata (novembre 2005) il consenso di tutti i latinoamericani per la creazione di un’Area di Libero Scambio delle Americhe (ALCA), che vada dall’Alaska alla Terra del Fuoco, essi perseguono lo stesso obiettivo attraverso la ricerca di accordi bilaterali con gruppi di Paesi (CAFTA) o con singoli Stati (Messico associato al NAFTA, Cile vincolato da un accordo bilaterale). Su questa strada essi hanno fatto interessanti passi avanti negli ultimi mesi: dopo Mar del Plata, hanno concluso accordi bilaterali con la Colombia ed il Perù, spingono per negoziati con l’Ecuador e l’Uruguay (quest’ultimo deluso dei rapporti con l’Argentina e dell’andamento complessivo del Mercosur), lusingano il Paraguay (altro membro del Mercosur) con intese vantaggiose anche in altri settori. Per Washington, inoltre, rimane vivo l’interesse ad un rapporto strategico con il Brasile, mentre sono congelate le relazioni con l’Argentina. Motivi di soddisfazione infine ha tratto Washington dalle recenti elezioni in Colombia ed in Perù che hanno visto insediarsi al vertice di questi due Paesi candidati più sensibili dei loro avversari alle posizioni americane (Álvaro Uribe in Colombia a maggio 2006 e Alan García in Perú a giugno 2006). Viceversa rimane alto il livello di conflittualità tra Stati Uniti, Cuba e Venezuela, cui si aggiunge la viva preoccupazione di Washington per l’elezione di Morales in Bolivia e per la sua politica di nazionalizzazione del gas. In una situazione così carica di incertezze, che peraltro non scoraggia gli Stati Uniti dal perseguire con determinazione la propria strategia di controllo del subcontinente, qualcuno comincia a domandarsi se non possa apparire eccessiva l’insistenza di Bruxelles sulla necessità che i latinoamericani raggiungano - tramite il Mercosur e la Comunità Andina di Nazioni - sufficienti livelli di aggregazione subregionale per poter accedere ad accordi di associazione con l’Unione Europea.Qualcuno arriva perfino a chiedersi se alla fine questa posizione non finisca per nascondere un alibi per evitare all’UE di assumere impegni gravosi in un periodo in cui essa è impegnata nell’affrontare serie difficoltà sul piano interno (rilancio economico, rivitalizzazione del trattato costituzionale, consolidamento dell’allargamento a 25, problemi posti dagli ulteriori allargamenti) e sfide più pressanti sul piano esterno (Iraq, Iran, Russia, Balcani, Medio Oriente, Mediterraneo, Cina, ecc.).Tuttavia, se per le oscillazioni e le incertezze dei loro membri il Mercosur e la CAN non dovessero uscire in un tempo ragionevole dalla loro crisi attuale, l’Europa potrebbe cominciare a valutare altre opzioni per raggiungere accordi con uno o più Stati che partecipano a tali processi di integrazione subregionale. Si potrebbe pensare, per esempio: a) ad un accordo energetico di lungo respiro con il Venezuela (petrolio) e la Bolivia (gas); b) ad una partecipazione europea agli imponenti progetti transnazionali di sviluppo che interessano un ampio numero di Paesi (per esempio quelli raggruppati nella Comunità Sudamericana di Nazioni che vuole inquadrare Mercosur e CAN in una cornice più vasta). Verrebbe data in tal modo attuazione concreta ad una importante indicazione emersa al Vertice di Vienna la cui Dichiarazione Finale esorta “le istituzioni finanziarie dell’Europa, dell’Ame-rica Latina e dei Caraibi ad appoggiare l’integrazione fisica attraverso l’interconnessione e la creazione di infrastrutture in reti specialmente nei settori dell’energia, dei trasporti, delle telecomunicazioni e della ricerca” (punto 34). Si tratterebbe di un contributo effettivo e concreto al processo di integrazione fisica dei Paesi dell’America Latina, in linea con quanto osserva la stessa Dichiarazione Finale laddove afferma che “la promozione delle interconnessioni è parte integrante delle effettive integrazioni regionali”;c) ad un accordo di vasto respiro fra l’Unione Europea ed il Brasile e fra l’Unione Europea e l’Argentina, qualora i negoziati in ambito OMC (Doha Round) dovessero entrare in un binario morto: ciò senza escludere accordi similari con Paesi intermedi come l’Uruguay, il Perù e la Colombia. Tale atteggiamento sarebbe in linea, del resto, con quanto l’UE ha già fatto con il Messico dal 1997 e con il Cile dal 2002 e si propone di fare nel prossimo futuro con i Paesi centroamericani.A quanti credono nell’importanza strategica che l’America Latina resti agganciata saldamente all’Europa, non resta che augurarsi che il prossimo vertice UE – America Latina-Caraibi, che avrà luogo in Perù nel 2008, possa registrare risultati più soddisfacenti di quelli del Vertice di Vienna che si è testè concluso.
Torna ai contenuti