ESPULSIONE DEGLI STRANIERI IRREGOLARI: UNA MERA FACOLTA' O UN OBBLIGO DEGLI STATI? - Sud in Europa

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ESPULSIONE DEGLI STRANIERI IRREGOLARI: UNA MERA FACOLTA' O UN OBBLIGO DEGLI STATI?

Archivio > Anno 2009 > Dicembre 2009
di Valeria DI COMITE    
Il 22 ottobre 2009 la Corte di giustizia delle Comunità europee ha pronunciato un’interessante sentenza, nelle cause riunite C-261/08 e 348/08, María Julia Zurita García e Aurelio Choque Cabrera c. Delegado del Gobierno en la Región de Murcia, relativa all’interpretazione dell’art. 11, par. 3 del regolamento (CE) 562/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone, c.d. “codice frontiere Schen­gen” (GUUE L 105 del 13 aprile 2006, p. 1).
Il problema interpretativo posto alla cognizione della Corte, sulla base di una questione pregiudiziale sollevata dal Tribunal Su­pe­rior de Justicia di Murcia ai sensi degli artt. 68 e 234 del Trat­tato CE, ri­guarda la portata dell’art. 11, par. 3 del re­go­lamento 562/2006 in merito all’espulsione dei cittadini di Sta­ti terzi che si trovano in una situazione irregolare nel territorio di uno de­gli Stati che fanno parte del­­lo spazio Schen­gen. Tale questione è sor­ta a seguito dell’impugnazione di due provvedimenti di espulsione emanati dal De­legado del Gobierno en la Región de Murcia nei confronti di due cittadini boliviani che si trovavano in una situazione irregolare nel territorio nazionale. Secondo la legge spagnola (Ley orgánica 4/2000, sobre derechos y libertades de los extranjeros en España y su integración social, pubblicata sul Boletín Oficial del Estado (BOE) n. 10 del 12 gennaio 2000 e modificata dalle seguenti leggi: Ley orgánica 8/2000, del 22 dicembre 2000, in BOE n. 307 del 23 dicembre 2000 e Ley orgánica 14/2003, del 20 novembre 2003, in BOE n. 279 del 21 novembre 2003) l’espulsione degli stranieri irregolari è prevista solo in casi di condotte di particolare gravità. Negli altri casi qualora le autorità competenti riscontrino che uno straniero si trovi in una situazione di irregolarità potranno imporre un’ammenda e invitarlo a lasciare il territorio. Se lo straniero lascia il territorio nazionale spontaneamente, egli po­trà ritornarvi nel rispetto delle regole di entrata. Tuttavia, nella sua versione spagnola l’art. 1l, par. 3 del regolamento 562/2006 stabilisce che se lo straniero non riesce a dimostrare di trovarsi in una situazione regolare di soggiorno di breve durata verrà espulso (“serà expulsado”) dalle au­to­rità competenti dello Stato interessato.
I cittadini boliviani Zurita García e Choque Cabrera consideravano che, in mancanza di elementi di gravità nella loro condotta, l’ordine di espulsione non rispettasse il “principio di proporzionalità” e che dovesse considerarsi sufficiente, in base alla normativa spagnola, la comminazione di un’ammenda pecuniaria e la richiesta di la­sciare volontariamente il territorio spagnolo. Per questa ragione si poneva il problema di determinare se la norma comunitaria stabilisse un obbligo di espulsione rispetto ai cittadini extracomunitari che si trovano in una situazione irregolare.
Bisogna premettere che in base al regolamento (CE) 2133/2004 del Con­siglio, del 13 dicembre 2004 (GUUE L 369 del 16 dicembre 2004, p. 5) è previsto l’obbligo per le autorità competenti degli Stati, facenti parte dello spazio Schengen, di apporre in modo sistematico il timbro sui documenti dei cittadini dei Paesi terzi al momento dell’attraversamento delle frontiere esterne. L’art. 6 ter della Con­venzione di applicazione dell’Accordo Schen­gen (CAAS), firmata il 19 giugno 1990 (GUCE L 239 del 22 settembre 2000, p. 19), abrogato e sostituito dall’art. 11 del regolamento 562/2006, precisa che qua­lora il documento di uno straniero, proveniente da un Paese terzo, non sia timbrato si presume che lo straniero non soddisfi, o non soddisfi più, le condizioni della durata del soggiorno nello Stato interessato. La norma stabilisce però una presunzione relativa, per cui lo straniero può dimostrare con altri elementi di prova (come ad esempio i biglietti di viaggio o dei documenti attestanti la sua presenza al di fuori del territorio dello Stato membro) di rispettare le regole concernenti la durata del soggiorno breve.
Occorre sottolineare che al momento della decisione di espulsione di uno dei due casi portati alla cognizione della Corte – quello relativo alla signora Zurita García – era applicabile l’art. 6 ter della CAAS, invece, al momento dell’espulsione del sig. Choque Cabrera, era già entrato in vigore l’art. 11 del regolamento 562/2006. Il fatto che tale regolamento non fosse applicabile, ratione temporis, al caso Zurita García ha indotto il governo spagnolo a chiedere che fosse considerata irricevibile la questione pregiudiziale per la parte relativa a questo primo caso. La Corte di giustizia in linea con la posizione dell’Av­vocato generale Kokott (conclusioni del 9 maggio 2009, punto 27) ha considerato la questione ricevibile per entrambe le cause riunite, poiché la disposizione oggetto del rinvio pregiudi-zia­le, ossia l’art. 11 del regolamento 562/2006, riprende il dettato normativo dell’art. 6 ter del­la CAAS.
Come indicato dalla Corte di giustizia, in so­stanza, il giudice del rinvio chiede se “gli artt. 6 ter e 23 della CAAS nonché l’art. 11 del regolamento 562/2006 debbano essere in­terpretati nel senso che, quando un cittadino di un paese terzo si trova in una situazione irregolare nel territorio di uno Sta­to membro perché non soddisfa o non soddisfa più le condizioni relative alla durata di soggiorno di breve durata ivi applicabili, ta­le Stato membro è obbligato ad adottare una decisione di espulsione nei suoi confronti” (punto 48 della sentenza).
Il problema che si pone è dunque quello di determinare l’effettiva portata dell’art. 11, par. 3 del regolamento 562/2006. Co­me già sottolineato nella versione spagnola tale regolamento stabilisce che il cittadino di un Paese terzo che si trovi in una situazione irregolare e che non riesca a confutare la presunzione prevista nel par. 1 della medesima norma verrà espulso (“será expulsado”). Tale disposizione sembra, quindi, imporre un obbligo alle autorità competenti dello Stato membro.
Tut­tavia, come chiaramente segnalato sia nelle conclusioni dell’Av­vocato generale, sia nella sentenza della Corte, la versione spagnola della disposizione in esame ha un tenore letterale differente rispetto a quello delle altre versioni linguistiche. Il principio di uniforme interpretazione ed applicazione delle diritto comunitario, come evidenzia la Corte, “impedisce di con­siderare isolatamente una delle versioni, e rende al contrario necessaria l’interpretazione basata sulla reale volontà del legi­slatore e sullo scopo da questo perseguito, alla luce (...) di tutte le versioni linguistiche” (punto 54 della sentenza). Per questo motivo, dopo aver constatato che nelle altre versioni linguistiche la norma stabilisce una mera facoltà per il Membro di espellere i cittadini di Paesi terzi in situazione irregolare, senza introdurre nessun obbligo di espulsione, la Corte ha altresì accertato quale fosse la “reale volontà del legislatore”. In primo luogo, la versione spagnola dell’art. 6 ter della CAAS (che avrebbe do­vuto essere testualmente riprodotto dall’art. 11, par. 3 del regolamento in esame) è in linea con le altre versioni linguistiche e riconosce la piena discrezionalità dello Stato che può scegliere se espellere lo straniero. In secondo luogo, l’art. 23, par. 1 della CAAS privilegia la partenza volontaria, rispetto all’espulsione. In terzo luogo, l’art. 23, par. 2 stabilisce che se il cittadino di un Paese terzo ha un titolo di soggiorno in corso di validità in un altro Stato membro, deve recarsi senza indugio in tale Stato. Infine, in merito all’obbligo di espulsione, l’art. 23, par. 3 prevede che esso è subordinato alle condizioni previste nel diritto dello Stato membro interessato; se in base al diritto interno tale espulsione non è consentita, il Membro considerato può ammettere il cittadino del Paese terzo a soggiornare nel proprio territorio.
In definitiva, sulla base dell’esame sistematico della normativa comunitaria applicabile in relazione all’attraversamento delle frontiere la Corte ha considerato che gli Stati hanno una piena discrezionalità in merito alla determinazione delle condizioni di espulsione dei cittadini di Paesi terzi che non soddisfino o non soddisfino più le condizioni di soggiorno di breve durata applicabili nel proprio territorio. In questo modo è rimessa alla sensibilità di ogni singolo Stato membro e alle scelte interne di politica migratoria la decisione di espellere i cittadini di Paesi terzi che non rispettino le regole di ingresso o di soggiorno di breve durata nel proprio territorio.


(La presente nota rientra nel progetto di ricerca nazionale PRIN 2007 “Cittadinanza europea e diritti fondamentali nell’attuale fase del processo di integrazione”. Responsabile nazionale, prof. Ennio Triggiani (PROT. 2007ETKBLF)).
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