LA TUTELA DEI PASSEGGERI IN CASO DI CANCELLAZIONE O RITARDI DEI VOLI AEREI NEL DIRITTO COMUNITARIO - Sud in Europa

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LA TUTELA DEI PASSEGGERI IN CASO DI CANCELLAZIONE O RITARDI DEI VOLI AEREI NEL DIRITTO COMUNITARIO

Archivio > Anno 2006 > Febbraio 2006
di Valeria DI COMITE
Nella recentissima sentenza International Air Transport Association (IATA) ed European Low Fares Airline Assocation (ELFAA) v. Department of Transport (sentenza del 10 gennaio 2006, causa C-344/04) la Corte di giustizia si è pronunciata sulla validità del regolamento (CE) del Parlamento e del Consiglio dell’11 febbraio 2004, n. 261 che istituisce regole comuni in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato (pubblicato in GU L 46, del 17.02.2004, p. 1).
Il regolamento n. 261/ 2004 prevede una forma di tutela per i passeggeri che abbiano subito il disagio della cancellazione o di ritardi prolungati di voli aerei. Gli articoli 5, 6 e 7 del regolamento in questione stabiliscono in maniera puntuale le conseguenze della cancellazione e del ritardo dei voli, attribuendo ai vettori tre differenti tipologie di obblighi relativi all’informazione, l’assistenza e la compensazione pecuniaria. In base al regolamento, la responsabilità del vettore è graduata in funzione di alcuni parametri obiettivi quali la tempestività dell’informazione, la distanza del volo e la durata del ritardo.
In caso di cancellazione del volo, l’art. 5 del regolamento n. 261/2004 stabilisce che il vettore aereo deve offrire ai passeggeri la scelta tra un volo alternativo “ragionevole” ed il rimborso del biglietto. Deve inoltre essere garantita un’assistenza gratuita consistente in pasti, telefonate ed eventuale sistemazione in albergo, infine, il vettore deve provvedere a compensazione economica. Ai sensi dell’art. 7 del regolamento la compensazione pecuniaria è di Euro 250 per le tratte inferiori o uguali a 1500 Km.; Euro 400 per le tratte comprese tra i 1500 e 3500 km; ed Euro 600 per le altre tratte. La compensazione è ridotta del 50% se al passeggero interessato è offerta la possibilità di imbarcarsi su un volo alternativo il cui orario di arrivo non superi un livello di ritardo individuato in base alla distanza del volo (due ore per i voli fino a 1.500 km; tre ore per le tratte tra 1500 e 3500 km; quattro ore per le altre tratte).
Per quanto concerne i ritardi, l’art. 6 del regolamento n. 261/2004 prevede che ai passeggeri sia offerta assistenza gratuita; il tipo di assistenza è diversificato in funzione della distanza del volo e della lunghezza del ritardo. Se il ritardo supera le cinque ore è previsto il diritto del passeggero di richiedere il rimborso del biglietto aereo e, se del caso, un volo di ritorno verso l’aeroporto di partenza iniziale; ovvero l’imbarco su un volo alternativo verso la destinazione finale, a condizioni di trasporto comparabili.
Dall’esame di queste disposizioni si deduce chiaramente che il regolamento del 2004 mira ad ottenere un’effettiva forma di tutela degli interessi dei passeggeri di voli aerei. Tale tutela presuppone tuttavia un forte costo per le compagnie aeree, le quali non hanno perso occasione per contestarne la legittimità. La questione della validità è stata posta alla cognizione della Corte sulla base di un rinvio pregiudiziale proposto dalla High Court of Justice del Regno Unito ai sensi dell’art. 234 del Trattato CE. Nella causa principale le associazioni di compagnie aeree International Air Transport Association (IATA) ed European Low Fares Airline Assocation (ELFAA) avevano sostenuto l’invalidità del regolamento n. 261/2004 sulla base di diverse motivazioni. In primo luogo, la sua incompatibilità con la Convenzione di Montreal per l’unificazione di alcune norme relative al trasporto aereo internazionale, conclusa dalla Comunità europea con decisione n. 2001/539 del Consiglio del 5 aprile 2001 (pubblicata in GU L 194, del 18.07.2001, p. 38). Gli altri vizi di legittimità contestati riguardavano vizi di procedura; il mancato rispetto dell’obbligo di motivazione e di certezza del diritto; la violazione dei principi di proporzionalità e di uguaglianza di trattamento.
In relazione al primo motivo di illegittimità bisogna evidenziare che la Convenzione di Montreal sulla responsabilità delle compagnie aeree, per quanto concerne il ritardo dei voli, all’art. 19, prevede che: “Il vettore è responsabile del danno derivante da ritardo nel trasporto aereo di passeggeri, bagagli o merci. Tuttavia il vettore non è responsabile per i danni da ritardo se dimostri che egli stesso e i propri dipendenti e incaricati hanno adottato tutte le misure necessarie e possibili, secondo la normale diligenza, per evitare il danno oppure che era loro impossibile adottarle”. In altri termini la Convenzione di Montreal individua un regime di responsabilità oggettiva relativa, in quanto consente al vettore di essere esonerato dall’obbligo di risarcimento se prova di aver agito con la dovuta diligenza. Inoltre l’art. 29 della Convenzione stabilisce che le azioni di risarcimento per danni, promosse a qualsiasi titolo, in relazione al trasporto di passeggeri, bagagli e merci possono essere esperite esclusivamente alle condizioni e nei limiti di responsabilità previsti dalla stessa Convenzione.
Tale regime di responsabilità è stato recepito dal regolamento n. 889/2002 (regolamento del Consiglio del 13 maggio 2002, n. 889, pubblicato in GU L140, del 30.05.2002, p. 2) che ha dato attuazione alla Convenzione di Montreal, modificando il regolamento 2027/97 sulla responsabilità del vettore aereo in caso di incidenti (regolamento del Consiglio n. 2027/97 del 09.10.1997, pubblicato in GU L 285, del 17.10.1997, p. 1). A seguito di tale modifica, l’attuale versione dell’art. 3 del regolamento 2027/97 stabilisce che: “La responsabilità di un vettore aereo comunitario in relazione ai passeggeri e ai loro bagagli è disciplinata dalle pertinenti disposizioni della Convenzione di Montreal”. Inoltre, in relazione ai ritardi nel trasporto di passeggeri è previsto che “il vettore è responsabile per il danno a meno che non abbia preso tutte le misure possibili per evitarlo o che fosse impossibile prendere tali misure”.
In considerazione del fatto che la Convenzione di Montreal stabilisce un regime di responsabilità più favorevole per i vettori aerei, le ricorrenti principali IATA ed ELFAA hanno sostenuto che il nuovo regolamento dovesse essere considerato invalido essendo incompatibile con la Convenzione. Nella sentenza in esame la Corte di Giustizia ha riconosciuto che la Comunità, in base all’art. 300 par. 7, dovesse ritenersi vincolata dalla Convenzione di Montreal. Conformemente alla sua consolidata giurisprudenza, essa ha quindi considerato che la natura e la struttura della Convenzione di Montreal ed il carattere chiaro e preciso delle disposizioni oggetto della controversia, consentivano di ritenere queste ultime un valido parametro di legittimità degli atti comunitari.
Tuttavia alla luce dell’esame della Convenzione di Montreal e delle disposizioni controverse del regolamento n. 261/2004, essa ha escluso che quest’ultimo fosse incompatibile con la Convenzione. Secondo la Corte, infatti, il regolamento riguarda un regime di responsabilità diverso da quello disciplinato dalla Convenzione, per cui ha esplicitamente affermato che: “qualsiasi ritardo nel trasporto aereo di passeggeri, può causare, in ge-nerale due tipi di danni. Da un lato, un ritardo eccessivamente prolungato determina danni quasi identici per tutti i passeggeri, il cui risarcimento può assumere la forma di un’assistenza o un supporto standardizzati e immediati a tutti gli interessati, attraverso la fornitura, ad esempio di bevande, pasti sistemazione in albergo e telefonate. Dall’altro, i passeggeri possono subire danni individuali, dovuti al motivo del loro spostamento, il cui risarcimento richiede una valutazione caso per caso dell’entità del danno causato e può, di conseguenza, essere oggetto solo di una compensazione a posteriori e su base individuale”.
In altri termini secondo la Corte l’obiettivo della Convenzione di Montreal sarebbe quello di consentire ai passeggeri di esperire azioni di risarcimento in relazione a questo secondo tipo di danno che deve essere individualmente determinato. Secondo la Corte da nessuna disposizione della Convenzione poteva desumersi la volontà che i vettori aerei fossero sottratti a normative finalizzate a risarcire in modo uniforme ed immediato i passeggeri che avessero sopportato disagi derivanti dai ritardi aerei, senza che gli stessi passeggeri dovessero sopportare l’onere di esperire azioni di risarcimento del danno dinanzi ad organi giurisdizionali. Di conseguenza, la conclusione della Convenzione di Montreal non precluderebbe al legislatore comunitario la competenza ad adottare un regolamento concernente i trasporti e la tutela dei consumatori, il cui obiettivo sia assicurare forme di assistenza e supporto per i passeggeri aerei costituenti misure di risarcimento uniformi ed immediate. D’altra parte, l’adozione del regolamento n. 261/2004 non impedisce ai passeggeri di esperire anche le azioni previste dalla Convenzione verificandosi le condizioni da essa espressamente individuate. In definitiva, la Convenzione e il regolamento offrirebbero due diverse forme di tutela per i passeggeri, che si integrano senza escludersi reciprocamente.
Anche in merito agli altri vizi di legittimità allegati dalle ricorrenti principali, la Corte ha escluso che comportassero l’invalidità del regolamento. In particolare, per quanto riguarda il vizio di procedura, le ricorrenti principali ritenevano che il Comitato di conciliazione convocato a norma dell’art. 251 del Trattato CE avesse oltrepassato il suo mandato. Infatti nella sua formulazione iniziale il regolamento stabiliva una clausola di esonero per la responsabilità per i vettori aerei, sia rispetto all’art. 5 che all’art.6.
Il Parlamento europeo, in seconda lettura, aveva proposto un emendamento all’art. 6 chiedendo di eliminare la clausola di esonero, mentre nessun emendamento era stato proposto in relazione all’art. 5. Tuttavia, il Comitato di conciliazione aveva deciso di eliminare entrambe le clausole di esonero. In merito a tale questione la Corte ha ritenuto che, quando nell’ambito della procedura di codecisione si convoca il Comitato di conciliazione, quest’ultimo non ha l’obbligo di raggiungere un accordo sugli emendamenti proposti dal Parlamento, ma ha il compito di giungere ad una posizione comune. Per cui se il Comitato di conciliazione perviene ad un accordo anche su elementi che non hanno costituito oggetto di emendamenti da parte del Parlamento, non si può ritenere che la procedura sia viziata. Tale valutazione si basa anche sulla circostanza che la posizione comune è comunque sottoposta all’approvazione del Parlamento. Inoltre, nel caso di specie la posizione comune del Comitato di conciliazione comportava una maggiore coerenza e sistematicità del testo da approvare, poiché eliminava la asimmetria che si sarebbe venuta a stabilire tra l’art. 5 e l’art. 6 del regolamento.
In relazione all’obbligo di motivazione e di certezza del diritto la Corte ha evidenziato che dai considerando del regolamento si apprendeva con chiarezza come l’obiettivo del regolamento fosse quello di apportare un elevato grado di tutela per i passeggeri. Secondo la Corte l’obbligo di motivazione è rispettato se esso si desume non solo dalla formulazione dell’atto, ma anche dal contesto e dal complesso delle norme che disciplinano la materia. Non è invece necessario che la motivazione contenga tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti. Bisogna evidenziare, tuttavia, che nel preambolo del regolamento si specifica che il vettore aereo operativo dovrebbe essere esonerato da tutti i suoi obblighi in caso di circostanze eccezionali, mentre nella parte normativa del regolamento è stato eliminato qualsiasi riferimento a cause di esclusione delle responsabilità.
La Corte ha riconosciuto che tale situazione fa sorgere “una certa ambiguità tra l’intenzione così espressa dal legislatore comunitario e il contenuto stesso degli artt. 5 e 6 del regolamento 261/2004 che non conferiscono un carattere altrettanto generale a tale causa di esclusione della responsabilità”, ma ha comunque ritenuto che “siffatta ambiguità non è tale da rendere incoerente il dispositivo redatto sulla base di questi articoli che, quanto ad essi, sono privi di qualsiasi ambiguità”. In altri termini, la Corte ha escluso che un’intenzione espressa nel preambolo potesse comportare incertezza giuridica rispetto al contenuto normativo delle disposizioni in esame. Riguardo all’asserita violazione del principio di proporzionalità la Corte ha osservato che le misure individuate dal regolamento sembrano idonee a risarcire immediatamente taluni danni subiti dai passeggeri in caso di cancellazione o ritardo prolungato del volo, tali misure sono graduate in funzione del tipo di danno subito, poiché sono proporzionali alla durata del ritardo ed alla distanza del volo. Inoltre in caso di cancellazione i vettori aerei possono limitare la propria responsabilità attraverso una tempestiva ed adeguata informazione ai passeggeri, per tali motivi la Corte è giunta alla conclusione che il principio di proporzionalità sia stato rispettato.
Infine, in relazione al principio di uguaglianza di trattamento la ELFAA aveva allegato che le compagnie aeree che effettuano voli a basso costo subivano un trattamento discriminatorio, da una parte, perché il regolamento non creava distinzioni in base al costo del biglietto e, dall’altra, perché nessuna norma comunitaria imponeva obblighi di risarcimento in relazione agli altri mezzi di trasporto. Sotto quest’ultimo profilo la Corte osserva che i danni procurati ai passeggeri aerei non sono comparabili ai disagi che soffrono i passeggeri di altri modi di trasporto. La localizzazione degli aeroporti al di fuori dei centri urbani e le particolari modalità di registrazione e recupero dei bagagli comportano che i disagi subiti dai passeggeri aerei in caso di ritardo o cancellazione del volo siano differenti da quelli causati nelle stesse evenienze da altri tipi di trasporto, per cui si giustifica che l’adozione di tali misure riguardi esclusivamente il trasporto aereo. Infine, il principio di uguaglianza di trattamento non è violato neanche dal fatto che gli obblighi dei vettori sono identici per tutte le compagnie aeree, infatti i disagi subiti dai passeggeri non hanno alcuna relazione con le politiche di prezzo praticate dalle diverse compagnie, non dipendendo dal costo del biglietto, ma dagli altri fattori suindicati.
Sulla base di tutte queste considerazioni la Corte ha concluso che il regolamento CE n. 261/2004 è valido, per cui i passeggeri di voli aerei godono di una tutela uniforme e immediata in caso di ritardi prolungati e cancellazione dei voli che si aggiunge alla tutela prevista a livello internazionale dalla Convenzione di Montreal.
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